La disciplina canonica relativa alle esequie e alla sepoltura non è un mero insieme di norme amministrative: essa custodisce una visione teologica precisa, una lunga tradizione rituale e un equilibrio giuridico maturato nei secoli. Per comprenderne la logica occorre tenere insieme tre livelli: la fede della Chiesa sul mistero della morte, l’evoluzione delle prassi liturgiche e le esigenze giuridiche legate a luoghi, persone e competenze.

Le esequie: un diritto dei fedeli e un atto della comunità

Nell’ordinamento canonico vigente le esequie non sono una concessione discrezionale, ma un diritto dei fedeli defunti. La Chiesa considera infatti essenziale accompagnare i propri membri nel momento della morte, intercedendo per la loro salvezza, onorando il corpo – divenuto tempio dello Spirito Santo – e offrendo conforto ai vivi. Tale diritto si estende anche ai catecumeni, riconosciuti come già appartenenti alla comunità cristiana. È invece oggetto di concessione (e non di diritto) la possibilità di celebrare esequie per bambini morti senza battesimo, quando i genitori intendevano farli battezzare, e per cristiani non cattolici che non dispongono di un ministro proprio. Queste aperture, però, richiedono prudenza pastorale, perché devono evitare equivoci dottrinali e scandalo nella comunità. In questo quadro, l’ordinamento attuale ha rinunciato ai lunghi elenchi di categorie cui negare le esequie: si preferisce un criterio generale, fondato sulla tutela della fede e dell’edificazione dei fedeli.

La revisione normativa: dalla complessità alla sobrietà

Il Codice del 1917 dedicava alla materia una normativa vastissima: tassazione, luoghi del funerale, modalità di sepoltura, casi di esclusione, competenze parrocchiali, procedure dettagliate. Con la riforma postconciliare il legislatore ha scelto: una forte semplificazione, un maggiore rinvio al diritto particolare per le questioni organizzative, la soppressione delle antiche “tasse di stola” legate ai funerali, l’eliminazione degli elenchi casistici e l’inserimento delle esequie tra gli atti di culto divino, non tra i luoghi sacri. Lo scopo è stato duplice: adeguare la disciplina alla rinnovata teologia liturgica e sottrarre la prassi esequiale ad accumuli giuridici che nel passato avevano appesantito la funzione pastorale del rito.

La sepoltura ecclesiastica e la questione delle chiese

Una delle norme più significative riguarda il divieto di seppellire cadaveri nelle chiese, salvo rarissime eccezioni. L’attuale disciplina stabilisce infatti che solo tre categorie possono essere sepolte all’interno di una chiesa: il Romano Pontefice, i Cardinali, ma soltanto nella loro “chiesa propria”, i Vescovi diocesani, anche emeriti, sempre nella loro chiesa cattedrale.

Si tratta di una facoltà, non di un obbligo: queste persone possono scegliere liberamente un’altra sepoltura. Tuttavia, se intendono essere tumulate in chiesa, il privilegio è circoscritto.

Che cosa significa “chiesa propria”

Per i cardinali, la chiesa propria è la chiesa del titolo o della diaconia. Per i vescovi, è la cattedrale, legata alla loro cattedra episcopale e al ministero di guida della diocesi. Ne sono esclusi: vescovi ausiliari, vescovi coadiutori, altre figure con dignità episcopale non assimilate al vescovo diocesano.

Rientrano invece coloro che presiedono enti ecclesiali equiparati a una diocesi (come prelature o abbazie territoriali).

Limiti ulteriori

Anche quando la sepoltura in chiesa è consentita, esistono limiti invalicabili: mai sotto l’altare: la presenza di una tomba impedirebbe la celebrazione della Santa Messa sopra di esso, il divieto riguarda solo ciò che è tecnicamente definito “chiesa” dall’ordinamento: non si applica a oratori e cappelle private e la norma si estende anche a ossa, ceneri e resti mortali parziali. La ratio è evitare ogni confusione tra l’altare e la tomba, preservando la dignità del luogo liturgico ed evitando gli abusi storici che riempirono molte chiese di monumenti funerari monumentali.

Il ruolo del diritto civile

A questa disciplina si aggiungono le leggi civili, che nei vari Paesi subordinano le sepolture fuori dai cimiteri a: esigenze igienico–sanitarie, autorizzazioni prefettizie o sanitarie e limiti urbanistici. In Italia ciò è regolato dal Regolamento di polizia mortuaria, che permette tumulazioni in chiese o edifici privati solo previa specifica autorizzazione. La normativa canonica, quindi, non può essere applicata isolatamente: la sepoltura ecclesiale privilegiata è possibile solo se compatibile con la disciplina civile.

La normativa attuale non è un semplice retaggio del passato, ma una regolazione calibrata con attenzione: tutela la sacralità dei luoghi, onora la dignità del corpo, accompagna la comunità cristiana nel momento decisivo della morte e mantiene un rapporto equilibrato con il diritto civile e le esigenze sanitarie.

d.A.C.
Silere non possum